Chiaves località Sistina - Menulla
Escursione con racchette: Da Fontana Sistina (1120 m) alla Baita S. Giacomo (1404 m) e a Menulla (1450 m): uno sguardo diverso sulla Valle del Tesso
Escursione che offre una “diversa” visione della Valle Tesso, seguendo gli antichi percorsi della valle che uniscono i vari alpeggi presenti nella zona, in uso o abbandonati.
Località di partenza: Chiaves località Fontana Sistina (1120 m – Comune di Monastero di Lanzo).
Difficoltà: facile/media.
La zona di Menulla in inverno
L’itinerario – Da Chiaves (1049 m - frazione di Monastero di Lanzo) si prosegue per Fontana Sistina (1120 m) dove, in inverno, generalmente termina la strada libera dalla neve: è possibile parcheggiare la macchina nell’ampio piazzale antistante la fontana. Si prosegue sulla strada che continua a salire verso nord-nord-ovest, fino ad incontrare sulla destra, in prossimità di un tornante, un pilone votivo a fianco del quale parte una stradina, indicata da un cartello con scritto “Menulla”. Si segue tale strada, inizialmente in piano e poi in salita, fino ad incontrare sulla sinistra un sentiero che sale, indicato con una freccia gialla e rossa. Il sentiero sale nel bosco con pendenza moderata e, dopo circa 45 minuti, sulla destra si trova una targa in ricordo di partigiani caduti. Il sentiero sale quindi sulla sinistra fino ad incontrare la strada presso un cancello. Da qui si può salire per il sentiero a fianco del cancello, seguendo le indicazioni per la “Baita S. Giacomo” (1 ora circa da Fontana Sistina). Se si sceglie di raggiungere la Baita S. Giacomo (1404 m – 1 ora e quindici munuti da Fontana Sistina), una volta arrivati al colle omonimo si scende sul versante opposto. Per proseguire per Menulla dal Colle di S. Giacomo si deve girare a destra verso le baite “S. Barbara”, seguendo sempre le indicazioni 3R e, superando un rilievo, si raggiunge un grosso piazzale con un monumento.
Si segue quindi la strada in discesa, a destra, fino al primo tornante (circa trenta minuti dal Col S. Giacomo). Si lascia a questo punto la strada principale e si scende per i prati verso la costruzione più alta, lasciandosela sulla destra, per proseguire verso le abitazioni sottostanti, dove si ritrova una mulattiera da percorrere verso destra. É l’antico collegamento tra le diverse baite presenti nella zona. Non essendo più stato utilizzato con continuità, tale sentiero in alcuni punti si perde, è comunque evidente perché delimitato da lastre di pietra ed è sufficiente passare a valle o a monte dell’eventuale ostacolo.
Si sappia, comunque, che bisogna attraversare tutti i piccoli agglomerati di baite presenti nella parte bassa della zona di Menulla. Giunti alla chiesetta di S. Giovanni Battista (circa venti minuti dal tornante), si scende lungo il pendio sottostante entrando tosto in un bosco di betulle e faggi.Scegliendo, durante la discesa, il percorso migliore tra la vegetazione, si arriva in pochi minuti ad un evidente sentiero (come riferimento per la discesa si può tenere, volendo, un minuscolo rio, spesso ghiacciato, sulla sinistra).
L’evidente sentiero è quello che collega il Santuario di Marsaglia a Sistina ed è stato pulito dal CAI Lanzo nella primavera del 2005. Andando a sinistra in circa un’ora si arriva a Marsaglia (ATTENZIONE AL GHIACCIO).
Si prende a destra e si procede in piano fino ad un panoramico pilone votivo posto su una sporgenza rocciosa (attenzione al sottostante strapiombo). Si piega poi a destra e si continua in piano o in leggera discesa, si attraversa un valloncello e, sempre con andamento pianeggiante, si arriva a Proima (1370 m, 40 minuti circa da Menulla) dove, superate le costruzioni, si rintraccia una strada che, seguita in discesa, in circa trenta minuti riconduce al pilone votivo posto poco dopo Fontana Sistina. L’escursione si completa in circa tre ore.
- Dettagli
- Categoria: Racchette
Vrù - Blinant - San Giacomo di Moia
La salita alla Blinant si sviluppa integralmente su una strada sterrata che parte da Vrù. Si risale in un bel bosco e si raggiunge questa borgata, con le sue case ben ristrutturate dalla quale si ha un ottimo panorama sulla Val Grande e sulla Val d’Ala. Vrù è una delle 10 frazioni di Cantoira. Nel 1931 aveva ben 104 abitanti che in parte lavoravano alla miniera di talco della Brunetta. La coltivazione del giacimento era a quota 1580 ed avveniva in sotterraneo, con una galleria principale da cui si diramavano vari rami secondari. Nella frazione si trova la caratteristica cappella della Madonna delle Nevi i cui primi cenni storici si hanno nel 1769; veniva descritta con il pavimento in pietra ed il soffitto di legno. Nel 1784 si rilevava che poteva contenere solo 25 persone. Accanto alla facciata è situata la torre campanaria del 1895. Nella frazione si può anche ammirare un bel presepe meccanico.
Località di partenza: Vrù (1030 m – fra. di Cantoira).
Difficoltà: facile.L’itinerario – Da Cantoira si sale a destra (indicazioni poco oltre la parrocchiale) verso Vrù. Dopo alcuni tornanti, ad un bivio, si va a destra (andando a sinistra si salirebbe a Lities) seguendo la strada, a tratti ripida, fino a giungere in vista di Vrù. Alla biforcazione si sale a sinistra, in salita, arrivando a parcheggiare in una piazzola dove c’è una bacheca ed uno chalet di legno adibito a bar.
Si segue la stradina che prosegue e supera le case, si incrocia un’altra strada che arriva dalla parte bassa di Vrù e si va a sinistra, attraversando poco dopo un rio passando su un ponte. Subito dopo, ad un bivio, si va a destra (indicazioni). Ignorata una deviazione secondaria sulla destra e superata una costruzione, ad un nuovo bivio più evidente si va a sinistra e si risale nel bosco senza difficoltà, prendendo quota.
Quando si incrocia una nuova sterrata, più ampia, si va a sinistra, in salita, ed in breve si arriva alle case de La Blinant (1299 m – 1 h circa) dove si ha un panorama ampissimo. Volendo si può proseguire seguendo la strada che continua, appena a valle della Blinant.

La chiesetta di San Giacomo
Dopo alcune svolte si attraversa una radura e, superata una baita isolata, si continua a salire in un boschetto di betulle fino ad arrivare al Colle S. Giacomo (1450 m – 30 minuti da Blinant); sulla destra, più in basso, si vede la chiesetta omonima. Chi invece vuole “conquistare” una vetta può andare a destra e salire rapidamente al panoramico e vicino rilievo sormontato da un ripetitore (1520 m).
La discesa avviene per la via di salita.
Variante: appena a valle di La Blinant l’itinerario di salita incrocia una strada più ampia che sale da Chiamorio (760 m circa – frazione di Ceres). La partenza di questa strada avviene nei pressi di un pilone votivo, a poche decine di metri dal cartello con le indicazioni per Chiamorio. Tale strada può essere utilizzata per la salita o per la discesa da La Blinant, come alternativa all’itinerario proposto, in particolare quando c’è poca neve. In particolare quando c’è poca neve, poiché questa strada è meno soleggiata di quella che sale da Vrù e quindi rimane innevata più a lungo. Si tenga anche conto che a Vrù si può salire da Cantoira seguendo una bella mulattiera (un’ora circa). In questo caso bisognerà intersecare alcune volte la strada asfaltata Cantoira – Vrù.
- Dettagli
- Categoria: Racchette
Anello sentiero dei partigiani
Il tragitto ad anello, che ripercorre luoghi che hanno visto la guerra partigiana, tocca tre colli: il Colle della Portia (1328 m), il Colle Lunella (1359 m) ed il Colle Grisoni (1405 m).
Località di partenza: Col del Lis (1311 m) - Val di Viù - Valli di Lanzo (TO)
Tempo di percorso: ore 3
Epoca: inverno con racchette da neve
Bivacco Portia
Accesso:
Giunti a Viù si prosegue lungo la provinciale e si perviene a Fucine dove, al successivo bivio, si prende a sinistra attraversando la Stura su di uno stretto ponte. Di lì seguire le indicazioni stradali per il Colle del Lys e superata, poco dopo, la frazione Molar si affrontano numerosi tornanti e curve evitando le deviazioni secondarie e proseguendo sulla lunga e sinuosa strada che supera i paesi di Col San Giovanni, Bertesseno e Niquidetto.
Superato quest'ultimo abitato si giunge al Col del Lys, dove si lascia l'auto nell'ampio piazzale. Da notare la torre commemorativa eretta nell'immediato dopoguerra a ricordo dei caduti partigiani della Valle di Susa e delle Valli di Lanzo durante la guerra di liberazione.
Salita:
Dirigersi verso il margine sinistro del piazzale (est) ed imboccare la mulattiera, evidenziata da un cartello indicatore in legno, per il Colle Lunella. Dopo una breve discesa si prosegue in piano sulla mulattiera e si entra in un bosco molto bello di radi larici; poco dopo si supera la prima delle numerose pietraie che la mulattiera attraversa con tratti lastricati. Si affrontano successivamente alcuni saliscendi mentre si aprono bei panorami sul sottostante vallone e nel frattempo si aggirano le pendici del Monte Arpone.
Giunti ad un bivio nei pressi di una fonte (circa 45 minuti dal Colle del Lis) lasciare la mulattiera ed andare a destra in salita (altro cartello indicatore) ed in breve, superato un tratto più ripido, si arriva al Colle della Portia ed all'omonimo bivacco (1328 m).
Arrivo al colle Portia
Dal colle la vista si apre su Val della Torre e sulla pianura torinese. Il bivacco è stato ricavato dall'Associazione Nazionale Alpini da una vecchia cappella ed offre un porticato esterno, alcune panche ed un caminetto ma, volendo pernottare, conviene essere muniti di una tenda non essendovi nessun posto letto. Pare che nella zona del colle siano stati individuati esemplari di "Euphorbia Gibelliana", pianta endemica, presente soltanto sul Monte Lera, in Val Ceronda e Casternone, ed in alcune zone a monte di Traves e Pugnetto. Dopo una sosta ed una visita al bivacco si prosegue su di un sentiero che parte dall'ingresso del bivacco ed aggira sulla destra (versante di Val della Torre) il Pilone (1470 m).
Porre attenzione a non seguire il più evidente sentiero che scende e che conduce a Val della Torre. In caso di scarso innevamento questo tratto di percorso, sino al Colle Lunella, può risultare privo di neve; al contrario, in caso di forti nevicate, possono non risultare visibili i bolli rossi che lo segnano; in quest'ultimo caso tenersi al di sotto degli alberi che crescono sul pendio del cocuzzolo del Pilone. Il sentiero va verso est e si mantiene quasi pianeggiante sino ad un cambio di direzione quando, volgendo decisamente a nord, prosegue in discesa sino ad incontrare il sentiero che da Val della Torre sale al Colle Lunella. Seguendolo in salita in breve si raggiunge il colle (1359 m) situato sull'evidente insellatura posta tra Il Pilone ed il Monte Colombano (1658 m).
Il Colle Lunella era anticamente molto frequentato poiché metteva in comunicazione la bassa Val di Viù con Val della Torre. Le cronache di inizio '900 raccontano di una tragedia avvenuta nei pressi del valico. Un gruppo di valligiani di ritorno da Val della Torre volle tentare di superare il passo di notte, in inverno ed in mezzo all'infuriare della bufera, per tornare il più velocemente possibile a casa.
Marcia durante il tragitto di ritorno
Durante il tentativo un giovane del paesino di Richiaglio perse la vita: stremato dalla fatica cadde nella neve e fu sepolto. Il corpo venne ritrovato soltanto dieci giorni dopo, nonostante i disperati soccorsi portati dai compaesani.
Dal colle si scende leggermente sino a raggiungere la mulattiera che abbiamo abbandonato poco dopo la partenza; la si segue verso destra, in leggera salita lasciandosi sulla destra il Monte Colombano, per giungere alle Case Giuglitera (1346 m). Dopo un leggera e corta discesa la mulattiera prosegue sino a delle grange abbandonate.
Poco prima di raggiungerle prendere a destra, in ripida salita, per raggiungere i breve il Colle Grisoni (1405 m).
Discesa:
Seguire la strada fatta in salita sino al bivio che porta al Colle Lunella.
Continuando sulla evidente mulattiera in circa 30 minuti si raggiunge il bivio per il Colle Portia e poco dopo il Col del Lis.
- Dettagli
- Categoria: Racchette
Anello Val Servin (Balme)
Un percorso nella natura e nella storia in un angolo solitario e suggestivo dell’alta Valle di Lanzo
Il tragitto tutto segnalato con bolli rossi e nei punti più innevati con lunghi pali, presenta nei punti più salienti una cartellonistica illustrante notizie storico e logistiche, il lavoro svolto dal CAI Lanzo tramite i suoi soci intende offrire all'escursionista un'itinerario attrezzato per racchette da neve unico nel suo genere.
Località: Comune di Balme – Val d’Ala – Valli di Lanzo (TO)
Quota minima: m 1446 - Quota massima:m 1600 - Tempo di percorrenza: ore 3
Epoca: inverno con racchette da neve
Informazioni: Umbro Tessiore (0123.82971)
Castagneri Saverio (338.7456049)
Oggi nessun escursionista rimpiange le vecchie racchette tradizionali, quelle di corda intrecciata. Eppure pochi sanno che le racchette rigide, del resto assai più adatte all’ambiente alpino, furono usate per secoli dai montanari delle alte valli. Naturalmente erano in legno e non in plastica, ma servivano egregiamente per superare ripidi pendii di neve gelata in condizioni altrimenti proibitive. Ad introdurle nelle Valli di Lanzo furono probabilmente i minatori che sfruttavano i giacimenti di ferro in alta quota e divennero strumento indispensabile dei contrabbandieri che transitavano in ogni stagione attraverso gli alti valichi con la Savoia.
Venite a seguire le tracce di questa epopea montanara percorrendo l’Anello di ValServìn nella conca di Balme, il più alto comune delle Valli di Lanzo. Sarà l’occasione di una piacevole escursione nella bella stagione oppure di qualche ora di cammino con le racchette ai piedi durante l’inverno (che quassù da noi dura sei mesi). Scoprirete ciò che rimane della secolare opera dell’uomo, incisioni preistoriche, un’antica ghiacciaia naturale, un villaggio abbandonato dove s’insediarono nel medioevo minatori di origine savoiarda, bergamasca e valsesiana. Tutto in un ambiente incontaminato, tra grandi boschi di faggi e di larici, pareti rocciose e cascate di ghiaccio, dove non è raro imbattersi nelle impronte degli aironi intenti a pescare nelle pozze gelate del torrente, per non parlare dei camosci e dei caprioli e di tanti altri abitanti del bosco (non esclusa la lince…).
Al termine della gita avrete la possibilità di visitare un villaggio che si presenta come museo vivente della vita montanara, con la frazione Cornetti, dove la vita sembra essersi fermata a un secolo fa, la casa fortificata del Routchàss, fondata dal capostipite dei Balmesi nel XVI secolo, la cappella quattrocentesca dove sostò la Sindone durante il trasferimento da Chambéry a Torino, il Museo delle Guide Alpine, dove rivivono le glorie dei pionieri dell’alpinismo torinese e dei montanari di Balme che li guidarono un po’ dappertutto nelle Alpi Occidentali.
Senza trascurare il fascino della musica francoprovenzale e neppure i sapori schietti dei cibi e delle bevande di una volta, come il caffè alla Balmese, che scoprirete da soli al Bar Centrale e che certamente apprezzerete dopo una giornata passata nel crudo clima dell’alta montagna.L’itinerario prende l’avvio dalla piazza di Balme, di fronte alla chiesa parrocchiale (che merita anch’essa una visita). Si segue la stradina che porta alla frazione Cornetti, situata sul lato opposto della valle, passando accanto a una piccola sciovia. Già esistente nel XIII secolo, il villaggio è il più alto abitato permanente delle Valli di Lanzo e uno dei meglio conservati.
Soprattutto la parte interna presenta numerose abitazioni profondamente interrate, a difesa contro il freddo, e stretti vicoli tortuosi, detti quintàness nel locale patois francoprovenzale, quasi interamente coperti dagli spioventi dei pesanti tetti di lose, in modo da offrire protezione sia dal vento sia dalle copiose nevicate. Alcune case ancora recano le insegne di attività commerciali ed artigianali ormai remote nel tempo, ma la frazione ospita tuttora ben cinque stalle dove in inverno prosegue l’allevamento di bestiame secondo le modalità tradizionali. Di particolare interesse la cappella di S. Anna, dove sono custoditi numerosi ex-voto ed alcuni affreschi recanti gli stemmi delle famiglie Martinengo e Castagneri e l’antico Lazzaretto, ora trasformato in stalla, sormontato dall’immagine della Vergine e Santi, dove i malati venivano raccolti in occasione delle pestilenze (l’ultima volta fu in occasione dell’epidemia di febbre spagnola nel 1918).
Dalla piazzetta al centro della borgata (detta Airëtta, dove si faceva la battitura della segale) inizia la segnalazione del percorso, che sale lentamente fino a raggiungere le case più alte. Si raggiunge così un breve pianoro detto Pra Sec. Di qui la vista spazia sul vecchio centro di Balme e sulla grandiosa parete che sovrasta il paese (Ròtchess d’Bàrmess). Attorno al grande muro paravalanghe che protegge il villaggio, spesso è possibile scorgere branchi di stambecchi che in primavera scendono fin presso le case (non dimenticare il binocolo!).
La salita riprende piuttosto ripida, fino a raggiungere le case Arbosëtta, capolinea della piccola sciovia del Pakinò, oltre il quale si apre il vallone di Servìn. Il percorso prosegue in leggera discesa, attraversa un ripido canale e quindi scende alla borgata Li Fré (che significa "i fabbri"), m 1495.
L’insediamento fu fondato nel secolo XV (nei pressi della piazzetta si conserva una lastra di pietra che reca la data 1486) da minatori bergamaschi e valsesiani venuti a sfruttare le miniere di ferro del monte Servin, a quasi 3000 metri di altezza. Il minerale veniva trasportato a valle mediante apposite slitte e subiva una prima riduzione in una rustica forgia che sorgeva nel pianoro sottostante le case. Il metallo veniva in parte lavorato sul posto, in parte trasportato in bassa valle, dove veniva trasformato in serrature (a Ceres) e in chiodi (Mezzenile, Pessinetto e Traves).
Nel XVIII secolo le miniere furono ricoperte da un piccolo ghiacciaio (Vedretta di Servin, ancora esistente pur se in via di estinzione), mentre cominciò a scarseggiare la disponibilità di legname da trasformare in carbone di legna per alimentare le forge. Per questi motivi l’attività di sfruttamento minerario declinò rapidamente e i Balmesi dovettero riconvertirsi ad una misera economia di agricoltura d’alta montagna, riuscendo a sopravvivere con i pochi proventi di un pericoloso traffico (in realtà era contrabbando, ma questa parola a Balme non viene mai pronunciata!) con la vicina Savoia, attraverso gli alti valichi del Col d’Arnass e del Collerin). Nel secolo seguente, con la nascita dell’alpinismo, i Balmesi misero a frutto la loro conoscenza della montagna trasformandosi in provette guide alpine.
In tempi più recenti il villaggio dei Fré cessò di essere abitato in permanenza e divenne uno dei tanti insediamenti temporanei della transumanza estiva. La perfetta muratura a secco di molte case testimonia la perizia dei minatori che costruirono il villaggio, mentre la tipologia delle abitazioni, meno interrate, e con aperture più ampie di quelle dei Cornetti, conferma l’originaria destinazione ad attività artigianali e non agricole della popolazione. I balconi in legno sono un’aggiunta del secolo XVIII, quando la riconversione forzata all’agricoltura rese necessaria l’essiccazione dei cereali, che spesso la rigidità del clima obbligava a mietere prima della completa maturazione.
Attraversata la frazione, si prosegue in direzione delle case Kiòss, per raggiungere l’imboccatura di una miniera abbandonata, dalla quale veniva estratto minerale di talco. Prima di giungere alla miniera può essere interessante soffermarsi davanti ai resti della baita del Casoùn, interamente costruita sfruttando un grande riparo sotto roccia come tetto. Questi ripari sono detti bàrmess e da essi deriva il nome di Balme.
In un fitto bosco, il sentiero prosegue verso l’alpe Tchavàna, per poi discendere fino al fondovalle, in prossimità di un’immane roccia attraversata da una gigantesca fenditura. Annidata alla base della rupe sorge la baita Li Soùgn (gli acquitrini), m 1518. Di fronte alla baita, alla sommità un masso annerito dal fuoco, si possono scorgere coppelle incise nella roccia, a testimonianza dell’antichissimo insediamento umano nel luogo.Il percorso prosegue costeggiando il torrente fino alle cascate del Rio Pountàt, che d’inverno si tramutano in palestra di ghiaccio dove non è raro vedere impegnate cordate di ice climbers. Altro incontro possibile è quello con gli aironi intenti a pescare dal bordo delle pozze ghiacciate. Si attraversa quindi la testata del vallone, superando il torrente su una rustica passerella di legno.
Si raggiungono così le baite di Piàn Salé (m 1600) dove si incrocia il sentiero GTA che porta al Col Paschièt, in direzione di Lemie.
La pista scende ora lungo il lato destro del vallone di Servìn, fino ad attraversare il ripidissimo canalone della Riva Loundji, percorso, ad ogni caduta di neve, da una grande valanga che precipita direttamente dalla cima del Monte Fort. Con un po’ di fortuna, nella parte alta del canalone, si possono vedere camosci. Sempre in leggera discesa, si attraversano ampie praterie (l’Sàgness, che significa "gli acquitrini") e poi un versante esposto ai venti di settentrione e per questo chiamato Tiralòra. Entrati in un fitto bosco di faggi si giunge all’estremità superiore di un pendio erboso assai ripido, che in passato serviva per far rotolare i tronchi d’albero, il cui nome lou Rountch, ricorda l’opera di disboscamento e dissodamento.
Il panorama torna ad allargarsi e si scorge la vetta della Ciamarella, massima elevazione delle Valli di Lanzo (m 3676).
Seguendo un sentiero tra salti di rocce, si scende fino alla Ghiacciaia, chiusa da una rustica porta di legno che permette di accedere a una galleria e un anfratto naturale della montagna che poteva essere riempito di neve attraverso un pozzo naturale. La neve durava tutta l’estate e veniva utilizzata per conservare le carni. Si risale quindi il torrente fino alla radura di Pian Tchurìn, dove una caratteristica sorgente richiama spesso la presenza di animali selvatici; a poca distanza si raggiunge un bel ponte in legno detto Pount Bianc. Portato via dalla disastrosa piena dell’ottobre 2000, questo ponte, come gli altri, è stato ricostruito da un gruppo di giovani volontari di Balme diretti da un anziano del luogo, Michele Castagneri Tucci, che ha trasmesso loro un sapere tecnologico vecchio di secoli ma tuttora efficace.
Ritornati alla frazione Cornetti, si risale la borgata, passando accanto alla fontana del Corn (sormontata da un corno di stambecco) che ricorda nel nome quello della famiglia di minatori (i Cornetto) che fondarono l’insediamento nel XIII secolo. Si osservi la bella pavimentazione in pietra (lou stèrni), realizzata nel 1996 da un abile artigiano della valle, Giovanni Cristoforo detto Ninétou. Di qui si ritorna al capoluogo seguendo il percorso d’andata.
In alternativa, ritornati al Pra Sec, si può seguire la pista pianeggiante che attraversa la sciovia e si inoltra nella gola della Gòrdji, dove le acque dello Stura precipitano fragorosamente in una cascata alta alcune decine di metri (nei pressi si vede l’antica condotta forzata e centrale elettrica inaugurata nel 1909 e ancora in uso!).
Oltrepassato il ponte sulla cascata, si giunge in pochi minuti nel vecchio centro di Balme, che merita una breve visita. Dal piazzale davanti allo storico Hotel Camussòt è visibile l’insegna della primitiva sede della locanda, risalente alla metà del XIX secolo, che fu poi sostituita dalle due grandi costruzioni che sorgono di fronte. Per oltre un secolo il Camussòt fu tra i più illustri alberghi di montagna delle valli piemontesi e fu gestito dalla famiglia Bricco, discendente dalla guida alpina Giacomo Bricco detto Camussòt (1845-1904), noto cacciatore di camosci. Alloggiarono al Camussòt e lasciarono traccia del loro soggiorno sul Libro dell’Albergo numerosi protagonisti dell’esplorazione alpina negli anni a cavallo del secolo ed esponenti della cultura italiana di fine Ottocento, come Eleonora Duse, Giosué Carducci, Guglielmo Marconi. Interessante la vista sulla distesa di tetti coperti da lastre di pietra (lòsess).
Si scendono alcune rampe verso la parte più antica dell’abitato fino alla piazzetta detta Ls’Airess, antico centro del paese e luogo di incontro, dove in occasione di alcune feste (SS. Trinità e Ferragosto) vengono tuttora eseguite musiche e danze della tradizione locale. Proseguendo verso valle si possono osservare i caratteristici cunei paravalanghe (tchòmess) che proteggono le case più a monte dall’urto delle masse di neve che precipitano dalle pareti soprastanti.
Ritornare nella piazzetta di Ls’Airess e scendere verso la carrozzabile attraverso un sottopasso ad arco. Si trovano qui i resti della più antica cappella del paese, risalente al secolo XV sulla base di alcuni affreschi di carattere gotico, dove autorevoli studiosi ritengono che abbia sostato la S. Sindone nel 1535, quando la Reliquia fu trasportata clandestinamente da Chambéry a Torino. La cappella fu sconsacrata probabilmente in occasione della costruzione della nuova Chiesa, dopo la costituzione della Parrocchia nel 1612. È questo la parte più antica del paese, risalente probabilmente al ‘200, e sopravvissuta alle demolizioni del primo ‘900, quando fu costruita la strada per l’acquedotto di Torino al Pian della Mussa.
Di fronte all’arco, al di là della strada carrozzabile, si apre il buio accesso alla casa fortificata del Routchàss, massiccia costruzione a tipologia difensiva, eretta in varie fasi successive nel corso del secolo XVI alla sommità di un promontorio roccioso. Un unico tetto di dimensioni gigantesche copre una serie di stretti passaggi e di scale coperte che conducono ad una loggia con vista sulla valle sottostante (iscrizione incisa nella roccia del fondatore Gian Castagnero 1591) e agli affreschi del XVII secolo raffiguranti una Deposizione ed un ciclo di Storie del Battista (cena del Re Erode e decollazione di S. Giovanni).
La costruzione del Routchàss è strettamente legata alla costituzione del Comune (1610) e della Parrocchia (1612) di Balme, in quanto l’insediamento dei Castagneri segnò l’inizio dello sviluppo del paese come centro metallurgico e minerario. Numerose storie e leggende tuttora tramandate da una generazione all’altra illustrano la figura di Gian Castagnero (1550-1643), fondatore dell’autonomia balmese e capostipite della quasi totalità dell’attuale popolazione del paese. In particolare viene indicata la sua forgia e, nei sotterranei dell’edificio, il luogo dove egli coniava monete con l’oro di una miniera di cui egli solo conosceva il segreto.
La visita si può concludere con la visita del Museo delle Guide Alpine che sorge nel corpo di fabbrica della chiesa parrocchiale (chiavi presso il Bar Centrale). Vi sono conservati i cimeli di una gloriosa epopea che vide i montanari di Balme, tra cui il celebre Antonio Castagneri detto Toni dìi Touni, protagonisti dell’esplorazione alpinistica delle Alpi Occidentali.
- Dettagli
- Categoria: Racchette
Itinerari per racchette da neve nelle Valli di Lanzo
La sezione intende far riscoprire le racchette, non più in legno e corda come in passato, ma in versione opportunamente ammodernata, organizzando una serie di escursioni, e, per venire incontro ai partecipanti darà la possibilità di affittare le racchette (disponibili in sezione) a €. 5,00 per gita. A parte ovviamente le racchette non è necessaria alcuna attrezzatura particolare se non l'abbigliamento richiesto per andare in montagna: scarponi da trekking impermeabili, camicia e maglione, giacca a vento, guanti, occhiali da sole ecc.
Indispensabili: Bastoncini da sci.
Obbligatorie : Arva, Sonda e Pala nelle gite in periodi di abbondanti nevicate.
Oggi nessun escursionista rimpiange le vecchie racchette tradizionali, quelle di corda intrecciata. Eppure pochi sanno che le racchette rigide, del resto assai più adatte all’ambiente alpino, furono usate per secoli dai montanari delle alte valli. Naturalmente erano in legno e non in plastica, ma servivano egregiamente per superare ripidi pendii di neve gelata in condizioni altrimenti proibitive. Ad introdurle nelle Valli di Lanzo furono probabilmente i minatori che sfruttavano i giacimenti di ferro in alta quota e divennero strumento indispensabile dei contrabbandieri che transitavano in ogni stagione attraverso gli alti valichi con la Savoia.
Itinerari attrezzati per racchette da neve

Anello Val Servin a Balme

Anello Sentiero dei Partigiani

Vrù - Blinant - San Giacomo di Moia - Blinant - San Giacomo di Moia
Chiaves località Sistina - Menulla
- Dettagli
- Categoria: Racchette