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ECCELLENZA DI VALLE A VRÙ: ECOMUSEO MINIERA BRUNETTA


Un’antica miniera di talco trasformata in museo, con tutti i manufatti ancora visitabili...

Ecomuseo della Brunetta

ECOMUSEO DELL’ALPINISMO A LANZO

Una testimonianza della storia dell’Alpinismo nelle valli di Lanzo presso la sede del CAI di Lanzo ...

Ecomuseo dell'alpinismo 

Storia della miniera

Storia della Miniera Brunetta

Piano inclinato di
servizio

Nelle Valli di Lanzo i giacimenti di talco coprivano buona parte della formazione geologica detta Massiccio ultrabasico di Lanzo, un'area caratterizzata dalla forte presenza di peridotiti e soprattutto di serpentino. Essi si trovavano all'incirca nella zona compresa tra Cantoira e Fiano-Varisella, quest'ultima nella vicina Val Ceronda. Erano comunque minuscoli giacimenti, quasi tutti collocati nella bassa valle e con un difficile accesso e la produzione garantiva un'economia di sussistenza.
I primi impianti erano a cielo aperto - fra questi quelli di Lanzo e degli Oldrì di Viù -; più tardi si passa a coltivazioni in sotterranea, di queste ultime le più importanti erano a Punta Serena presso il Santuario di Sant'Ignazio, a Ovairo di Lanzo e nei pressi dell'Alpe Brunetta, sopra la frazione Vru di Cantoira che è stata la principale miniera attiva nel corso del '900 fino alla fine degli anni '70. I primi tentativi di sfruttamento nella zona della miniera Brunetta risalgono a fine '800 quando il Comune di Monastero di Lanzo accorda il permesso al signor Michele Fornelli Genot, residente nel suddetto comune.
L'attività durò per pochi anni non fornendo risultati apprezzabili. A quel tempo la legislazione mineraria era già abbastanza rigida: coloro che gestivano le cave e le miniere dovevano fornire ogni anno una serie di informazioni all'ingegnere Capo delle Miniere, comprendenti dati sui prodotti e sul personale impiegato. A tal fine, una lettera del Reale Corpo delle Miniere del 1903 imponeva, in osservanza del regolamento di Polizia mineraria, di far pervenire all'ente i nomi delle persone che avevano la responsabilità dei lavori, e quelli degli effettivi esercenti, soprattutto per i casi di infortunio.
Inoltre, i responsabili di cave e miniere non trovati in regola con le suddette denunce venivano sottoposti a contravvenzioni.

La ditta Piton Giovanni

La prima ditta che intraprese dei lavori di scavo in galleria presso l'Alpe Brunetta fu la Ditta Piton Giovanni di Pinerolo che ottenne il permesso di ricerca dal Comune di Monastero di Lanzo nel 1913. Il contratto prevedeva, come stabilito dal Corpo Reale delle Miniere, l'obbligo di scavare almeno una galleria d'accesso nel sottosuolo entro la proprietà comunale e veniva così stabilito: versamento anticipato di L 100 e una cauzione di L 200 e inoltre, un canone annuo di L 25 per i primi 6 anni e fino a che i lavori consistevano in semplici ricerche.

Vista sugli impianti esterni

Aumento di L 50 annue sino al sesto anno d'affitto, dall'anno in cui veniva incontrato l'abbattimento dei massivi o lenti di talco in galleria. Un canone di L 500 annue per gli altri 6 anni di affitto susseguenti al sesto (1).
La Regia Prefettura della Provincia di Torino, Comitato forestale, imponeva come condizione che la ditta provvedesse a trattenere sul posto i materiali di scarto, per evitare che venissero trasportati dal sottostante rio (2). Il permesso di ricerca di talco aveva durata di 12 anni e il titolare doveva impegnarsi a mantenere il buon funzionamento delle acque. 
La coltivazione mineraria nel 1919, data della prima mappa rinvenuta, mostra tre gallerie d'accesso poste sulla sinistra idrografica dei rio Brissout.
Queste erano a poca distanza l'una dall'altra e a differenti livelli di scavo. Il trasporto del materiale avveniva per teleferica che era collegata, grazie ad alcune stazioni intermedie, fino alla frazione Villa di Cantoira, dove esisteva un magazzino per il talco (3).
Molti anni dopo, con la ditta Possio venne realizzato un magazzino in cemento armato, posto sulla carrozzabile Ceres-Chialamberto, che aveva una capacità di circa 300 t, con annesso un altro deposito atto a contenere altrettanto minerale e altri locali per servizi vari, come la pesa automezzi, deposito attrezzi ecc.
Il talco veniva lavorato al mulino di Pessinetto, collegato, tramite un raccordo che partiva dalla stazione, alla ferrovia Torino-Ceres.

La ditta E. M. Juvenal

Nel 1920 il permesso di ricerca passava dalla ditta Piton alla ditta E. M. Juvenal di Pinerolo. Alla scadenza della concessione nel 1924, il Comune di Monastero di Lanzo indiceva una gara d'appalto per il rinnovo della stessa, che vedeva la ditta Juvenal aggiudicataria del permesso di ricerca per 10 anni. Il contratto prevedeva un canone annuo d'affitto di L 6.000 e una cauzione di pari importo.
Alcuni anni dopo la Juvenal si trovava in difficoltà economiche a causa di una diminuzione del prezzo del talco grigio di circa il 50%.
Per tale motivo la ditta chiedeva all'ingegnere Capo delle miniere di devolvere la cauzione versata in ottemperanza del contratto a favore del Comune di Monastero di Lanzo, non potendo pagare il canone d'affitto.
Vista la situazione, la Regia Prefettura della Provincia di Torino, sentito il parere del Corpo Reale delle Miniere, stabiliva che tale cava non poteva essere coltivata con profitto essendo ubicata in posizione svantaggiosa (a quota 1560 m) e distante.
A tal proposito venne fatta un'attenta analisi della situazione, paragonandola con quella della ditta Possio: "dalle miniere di talco grigio della ditta Possio, p.e. quella di Funghera (Germagnano) è ubicata a 525 s.l.m. (cosicché vi si può lavorare tutto l'anno) ed è posta si può dire, direttamente sullo stradone (risparmiando così il trasporto in teleferica) e dista km 5 dal molino di Lanzo.
La stessa ditta Possio possiede la miniera Cucuc (Viù) a quota 741 sul mare, posta pure quasi sullo stradone, ma dista sui 15 chilometri dal molino di Lanzo; dato il trasporto attuale gravoso ed i prezzi bassissimi, la ditta non lavora a Cucuc.
Il prezzo del talco grigio (come quello in questione) macinato si aggira ora sulle L 60-75 la tonnellata (sacco da rendere) posta su vagone Pessinetto-Lanzo.
Non vi è probabilità che i prezzi attuali tendano a rialzarsi nei prossimi anni". Inoltre veniva fatto presente che "con R.D. 29 luglio 1927 N. 1443, il talco, in forza dell'art.2 a linea a) non è più oggetto di cava, ma di miniera, cosicché ne dispone lo Stato" (4).

Stazione di partenza della
teleferica

La Regia Prefettura escludeva, anche senza sopralluogo, che la miniera fosse esaurita, avendo il cavalier Juvenal fatto domanda al Ministero per una nuova concessione il che dimostrava l'interesse a sfruttare la cava (5).
Pertanto, la Prefettura acconsentiva a una equa riduzione del canone di affitto pari al 50% dell'importo corrisposto, a partire dall'8 aprile 1931, ma non alla risoluzione del contratto che avrebbe causato al Comune un danno troppo grave. Successivamente, il podestà di Monastero di Lanzo acconsentiva allo svincolo della cauzione versata dalla ditta E. M. Juvenal a favore dello stesso Comune, a saldo delle annualità dovute per il 1934 e il 1935. Inoltre, accoglieva la domanda della ditta di risoluzione del contratto alla scadenza, avendo la stessa ottenuto un'altra concessione, per 20 anni, dal competente Ministero delle Corporazioni con Decreto 12/10/1931.
Nel periodo fascista si nota una certa attenzione a favore del settore minerario, ritenuto uno dei cardini dell'industria nazionale. Significativa una lettera al Comune di Monastero di Lanzo dell'Unione Provinciale Fascista dei Lavoratori dell'industria in cui veniva richiesta una relazione sull'esistenza di concessioni minerarie abbandonate, non sfruttate, nonché in attività.
Per ogni tipo di giacimento si doveva specificare: 1) la data di abbandono o di sospensione della concessione, 2) il motivo per il quale era stato abbandonato o soppresso il lavoro di sfruttamento e 3) il numero approssimativo degli operai che avrebbero potuto trovare lavoro nelle concessioni.
Durante il Fascismo chi lavorava nelle miniere non prestava il servizio militare e per questo motivo chi faceva questo mestiere non e andato in guerra. In quel periodo gli addetti erano praticamente il doppio del normale. Si cercava di sondare il suolo in altre località delle Valli di Lanzo in modo da impiegare più gente possibile" (testimonianza di Piero Possio).

Gli anni 40

Il 26 gennaio 1943, dopo la morte di Juvenal, gli eredi scrivevano al Ministero delle Corporazioni di rinunciare alla concessione Brunetta a favore dei fratelli Possio di Lanzo Torinese. Il Corpo Reale delle Miniere concedeva alla ditta Possio il permesso di ricerca in detta località e nel 1951 acconsentiva all'ampliamento della concessione, come richiesto dalla stessa ditta, portandola da 227 a 446 ettari sui territori dei comuni di Monastero e di Cantoira(6).
Verso la fine degli anni '40 iniziò un graduale processo di rinnovamento e ampliamento degli impianti. Vennero abbandonate le vecchie gallerie sulla sinistra del rio Brissout e venne realizzata un'unica galleria d'accesso al giacimento, sulla sponda opposta, a un livello inferiore di alcune decine di metri a quelle preesistenti. In quelle vecchie gallerie poste a quota 1527 e 1524 m era stato seguito il filone di talco rispettivamente per 130 m e 120 m, con modesti ingrossamenti a intervalli pressoché costanti (7). Nella nuova galleria a livello inferiore, il cui imbocco è a 1505 m, il filone si presentava in maggiore quantità, sia in potenza che direzione. Nell'impianto lavoravano 12 minatori (prima della guerra non si hanno notizie sul numero degli occupati), che giornalmente salivano a piedi dalla frazione Vrù alla cava: poco più di un'ora di cammino su mulattiera, ma un percorso decisamente ripido e faticoso.

L'ingresso della galleria
principale 
(Ribassa)

Nella miniera si lavorava tutto l'anno, anche d'inverno, salvo brevissime interruzioni in caso di eccezionali nevicate (informazioni cortesemente fornite dal signor Giovanni Berta, che lavorò per 40 anni in queste miniere). Vi erano comunque delle baracche che fungevano da riparo per i minatori quando la neve impediva loro di scendere e, in tal caso, fungevano anche da dormitori. "Gli operai venivano pagati due volte l'anno, alla fiera di maggio e di settembre. Fino a metà degli anni '60 non vi era la strada per Vru e in occasione della fiera due o tre minatori scendevano a Cantoira a prendere lo stipendio per tutti e per i mesi interessati. Alla miniera vi era un sovrintendente, ma i minatori erano abbastanza autonomi sul come produrre.
Veniva loro richiesto un certo quantitativo di materiale al mese e non interessava esattamente quanto si lavorava al giorno" (testimonianza del signor Piero Possio). Le norme di sicurezza di allora non erano certo così severe come le attuali, cosa che, sommata alla scarsa stabilità della roccia talcosa, esponeva continuamente i minatori a seri rischi di infortuni.
L'attività venne anche colpita da gravi incidenti. Il più tragico fu quello del giugno 1955 che causò la morte del minatore Luigi Berta di Vru, poco più che trentenne, colpito da un blocco che si staccò dalla volta della galleria.
Nonostante ciò i lavori continuarono e dal 1956 vennero anche compiuti degli scavi di ricerca in altre località che proseguirono per alcuni anni.

Il rinnovamento degli impianti

 Nel 1960, nella relazione per il Corpo delle Miniere venne riportata la situazione di quelle ricerche.
"Pian della Rusa. Appare che dal 1955 i cameroni nei quali si era prescritto di non più lavorare, sono stati abbandonati e chiuso il relativo accesso. La futura galleria di ribasso progettata dall'ingegnere Enria non è ancora stata iniziata, si dovrà prima impiantare un compressore essendo insufficiente quello installato. In regione Cugni i lavori di ricerca sono proseguiti in modo soddisfacente per cui si unisce alla presente un piano dei lavori a tutto il 31/12/1960". Per insufficienza di mano d'opera ed anche perché il filone ivi coltivato è alquanto ristretto, a tutt'oggi non si è più lavorato". Nel 1960 lo sviluppo dei lavori era ancora modesto, tanto che non c'erano depositi di esplosivo, ventilatori impianti meccanici e linee elettriche. In quello stesso anno venne dato l'incarico all'ingegnere Tommaso Enria di Torino di provvedere all'ammodernamento dell'impianto. L'ingegnere progettò una galleria di ribasso con fornelli fino a 15 m di altezza, intervallati tra di loro di 40 m circa, eseguiti di preferenza dove il filone era meno potente. Si prevedeva di tenere aperte tre o quattro camere, disposte tra un fornello e l'altro, lasciando 10 m circa di pilastro a protezione del fornello (8). Nell'anno seguente si ebbe la costruzione di un fabbricato in pietra e coperto in cemento armato di 30 m2 circa, per eseguire l'impianto di aria compressa.
Il lavoro di ammodernamento proseguì con l'acquisto di un locomotore che entrò in funzione nel 1964. Venne scelto un mezzo piccolo, adatto al lavoro in montagna, atto a trainare i vagoncini posti su una ferrovia decauville per il trasporto del minerale dalla galleria alla vicina stazione di partenza della teleferica.
La ditta Possio acquistò il locomotore elettrico T25, ridotto 500 mm (9), della ditta EMAM di Segrate (MI), già fornitrice di parecchi locomotori alla Fiat per le miniere di Traversella. Inoltre veniva fornito con tettoia di protezione per il conducente e senza piattaforma ribaltabile (a differenza di quelli di Traversella che ce l'avevano, ma non erano più in produzione). Nel 1967 venne costruito un edificio in cemento armato, suddiviso in tre locali, che venne utilizzato per dare riparo al locomotore, come deposito per il gruppo elettrogeno e il compressore, come refettorio per i minatori.
Nella relazione illustrativa sullo stato dei lavori per la domanda di concessione, nella seconda metà degli anni sessanta, si evidenziavano le quantità di talco che si prevedeva di estrarre sulla base delle ricerche e dei lavori condotti.
Al Pian della Rusa si erano rilevati tre ingrossamenti del filone per complessivi 5300 m3. In base ai lavori di ricerca eseguiti si poteva desumere un quantitativo uguale a quello messo in vista, pertanto la cubatura di questa sezione era di circa 30.000 t, come minerale possibile.
In località Cugni i lavori avevano avuto uno sviluppo di circa 360 m, con due gallerie poste a quota 1660 m e 1670 m, collegate per mezzo di una galleria di rimonta. Anche qui il talco si presentava di colore grigio chiaro, ma con un netto miglioramento della qualità.
In località Vasivera sud erano stati messi in evidenza quattro affioramenti a una quota di 1650 m (10).

Le difficoltà

 

Martello pneumatico usato
negli scavi

A causa delle condizioni morfologiche del territorio che rendevano il sito particolarmente disagevole da raggiungere, i lavori erano proseguiti a rilento. Non erano stati eseguiti lavori di più ampio respiro considerando l'enorme difficoltà che si frapponeva all'installazione di macchinari tali da consentire una esplorazione completa della zona. Veniva constatato che i lavori dovevano proseguire, con un'adeguata meccanizzazione, non appena ultimata la strada che doveva raggiungere il Santuario di Marsaglia, a circa un chilometro dagli scavi.
Nonostante alcuni incidenti di percorso, come quello del 1967 in cui il locomotore cadde in un burrone e i cassoni delle batterie si staccarono andando completamente distrutti, alla fine degli anni '60 la produzione passava da 1000 t annue a 2000 t nel 1970. Tuttavia, già in quell'anno, si registravano degli aumenti di costo con rilevanti difficoltà di vendita di questo tipo di talco per usi tecnici. In primo luogo la ditta Possio cercò di superare quelle difficoltà riducendo, ove possibile, i costi di macinazione.
Un'altra iniziativa intrapresa per ridurre i costi di trasporto fu quella di contribuire alla costruzione della strada che dalla frazione Chiaves di Monastero di Lanzo sale verso Menulla, in prossimità della zona Rivet e Cugi.
A metà degli anni '70 si presentò un altro problema: i concorrenti sul mercato si rafforzavano con la vendita di prodotti similari a bassissimo costo. Infatti, nel 1975, la vendita diminuiva del 50% rispetto all'anno precedente e non venivano previsti investimenti di rilievo per il 1976. Pertanto, i lavori si limitarono a seguire i filoni sfruttati negli ultimi anni e a eseguire opere di ordinaria manutenzione alla galleria, alla teleferica e alla strada di accesso sul versante Chiaves-Menulla.
La produzione prevista scendeva al livello della fine degli anni '60, ossia sulle 1000 t annue. Pochi anni dopo, vista la situazione economica ormai non più sostenibile e le nuove normative, la ditta Possio chiuse l'impianto. Con la svendita della miniera vennero pagate le liquidazioni agli operai che andarono così in pensione. La chiusura dell'attività alla miniera dell'Alpe Brunetta pose fine all'estrazione del talco in Val di Lanzo.


Note


(1)
Corpo Reale delle Miniere Distretto di Torino protocollo n.2930 del 21/11/1912

 

(2) Giovanni Piton, titolare del permesso di ricerca, doveva "costruire due briglie di trattenuta sul rio, una subito a valle dell'apertura della galleria ed una seconda ad una insenatura a valle della cava". Comitato Forestale adunanza del 25/07/1913.

 

(3) Questa era lunga 4000 m, divisa in quattro tronchi di circa 1000 m ciascuno, del tipo "va e vieni". Tutti gli operai si dedicavano al trasporto, un giorno alla settimana, in quanto era richiesto un buon numero di maestranze che si dovevano collocare nelle stazioni intermedie per il travaso del minerale da un cassone all'altro.

 


(4)
Lettera della Regia Prefettura di Torino del 10/12/1931 n. 55297 indirizzata al Podestà di Monastero di Lanzo.

 

(5) Particella catastale N 110 (foglio XXXVIII) di Ceres, di proprietà del Comune di Monastero di Lanzo e affittata per talco alla ditta Juvenal. Regia Prefettura di Torino 10/12/1931.

 

 

(6) Nel contratto la ditta doveva corrispondere un canone annuo di L 35.680, pari a L 80 per ettaro. Determina del Corpo delle Miniere Distretto di Torino del 24/11/l95l.

 

 

(7) L'altitudine di queste gallerie non è certa: su alcune mappe viene indicata una quota diversa, di alcune decine di metri superiore. Attualmente non si conosce con esattezza dov'era ubicata l'entrata di dette gallerie. In queste si era compiuto praticamente un lavoro di ricerca e coltivazione, in quanto la modesta potenza del filone di talco non permetteva lavori tali da porre in vista il minerale utile, ma, con il progredire dei lavori, il talco che si trovava si esauriva man mano che se ne seguiva la traccia. (Relazione v. nota 3).

 


(8)
Relazione dell'ing. Tomaso Enria del 15/07/1960 sullo schema dei lavori di ricerca in regione Brunetta.

 

(9) Il locomotore in questione aveva il moto dato da un motore ad un assale tramite un riduttore ad ingranaggi e poi trasmesso al secondo assale tramite un giunto elastico per consentire la costante aderenza della quattro ruote al binario. Lettera allegata all'opuscolo illustrativo della EMAM. Officine Elettromeccaniche s.r.l. dell'11/06/1962.

 

(10) In località Vasivera si era scavata. una trincea lunga circa 25 m ove era stato seguito un filone di talco grigio chiaro della potenza variabile da 0,30 a 0,80 m per poi continuare in galleria per circa 35 m seguendo il medesimo filone la cui potenza era andata aumentando fino a raggiungere 1,20 m. Si era evidenziato una buona mineralizzazione a talco pari a circa 5.600 t. Veniva fornita anche una descrizione delle attrezzature esistenti nella richiesta concessione. A Pian della Rusa lavoravano 8 operai in estate e 12 in inverno, quando c'era maggiore disponibilità di manodopera e vi erano: due compressori azionati da motori diesel uno da CV 15 e l'altro da CV 30. Un locomotore Fercar (EMAM) con potenza pari a 27 t con due serie di batterie da 20 elementi ciascuno. Gruppo elettrogeno atto alla ricarica delle batterie. Due martelli perforatori con iniezione d'acqua. Quattrocento metri di binari decauville di cui 300 in sotterraneo con 6 vagoni con cassa in ferro. Un fabbricato suddiviso in sala compressore, deposito locomotore e refettorio (questo materiale è conservato presso la miniera di Brunetta). A Cugni lavoravano 4 operai e vi era: un compressore con motore diesel. Due perforatori ad iniezione d'acqua. Duecento metri di binari decauville di cui 150 messi in opera in galleria e 3 vagoncini. Inoltre, la ditta Possio era proprietaria, oltre che del silos per il deposito del talco in Cantoira e del mulino di Pessinetto, anche di uno stabilimento in Lanzo Torinese nel quale erano installati nove mulini del tipo Delille superventilanti della capacità complessiva di 3 t/ora, una insaccatrice automatica da 200 q/ora e un'altra era in fase di installazione da 400 q/ora.

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Portale Turismo Valli di Lanzo

 

ft hp 03Un percorso interamente ad alta quota :

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Il Tour della Bessanese è un percorso circolare in ambiente di alta montagna (2200-3200 m.slm) con uno sviluppo complessivo di circa 32 km suddivisi in tre tappe.
La partenza può avvenire da uno qualunque dei tre rifugi del Tour (Ref. d'Averole, Rif. Gastaldi, Rif. Cibrario).
Il percorso del Tour si svolge nelle Alpi Graie Meridionali, al confine tra Italia-Francia, intorno all'Uja di Bessanese (3604 m) ed alla Croce Rossa (3566 m).

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